domenica 5 febbraio 2012

I Giovani scelgono Davide Ferrari!



Il PD di San Marcello Pistoiese ha scelto l'irresponsabilità, non ha creduto la scelta migliore convergere con tutta la sinistra su un candidato e un programma mediato fra le parti. Questo vuol dire che il PD correrà da solo alle prossime amministrative rendendo reale il pericolo che a San Marcello possa emergere una lista civica che mette a repentaglio la stabilità, la popolarità e l'amministrazione del comune di San Marcello pistoiese. Questo vuol dire che sosterremo il sindaco della sinistra, il sindaco dei giovani, sosterremo Davide Ferrari per far si che la nostra amministrazione comunale sia sentita dal cittadino, in una montagna sempre meno "per giovani", per mancanza di lavoro e di punti di contatto sociale, lavoreremo per far si che i giovani siano al centro del dibattito politico

giovedì 22 dicembre 2011

Manovra, Ferrero: C'è bisogno di una sinistra unita contro il Governo dei banchieri.

"Il Governo Monti è un Governo di destra tecnocratica. Spero che non duri perché, dopo il danno, sarebbe una beffa, visto tutto quello che stanno facendo e visto che stanno distruggendo lo stato sociale. Queste le parole di Paolo Ferrero (Rifondazione Comunista) a Tgcom24. «Stanno demolendo diritti conquistati dai lavoratori in tanto anni. E' un'operazione delle grandi multinazionali contro i diversi movimenti operai. L'unico modo di uscire dalla crisi è un maggior intervento pubblico. Se il Governo, di fronte a differenze nel mercato del lavoro, vuole costruire l'uguaglianza portando tutti al livello peggiore, faremo una battaglia durissima. La gente oggi è in uno stato intermedio, dopo le speranze date dal Governo Monti, c'è delusione e rabbia perché ci si é resi conto che Monti è una prosecuzione del Governo Berlusconi. Ho avuto segnali di disponibilità da Idv, zero da parte di Sinistra e Libertà. Avere la sinistra così, divisa in questo modo, è da pazzi. Davanti a un Governo che fa queste politiche, bisogna che ci sia una sinistra che si oppone e che propone misure alternative. C'è bisogno di una sinistra".

venerdì 9 dicembre 2011

Opposizione, orgoglio, fiducia nel nostro futuro



04/12/2011
Da reblab.it
Percepisco il rischio dell’ordinarietà, e cioè che questo congresso, questo dibattito, ci scivoli addosso senza capirne l’importanza.
Ma sbaglieremmo, perché questo non è un congresso ordinario. Questo è un congresso che cade nel ventennale della nostra nascita – e quindi impone necessariamente di fare i conti con la nostra storia, con ciò che abbiamo fatto e con ciò che siamo diventati – ed è un congresso segnato dal carattere eccezionale della fase politica che stiamo attraversando.
Sulla fase politica non voglio aggiungere molto a quello che è già stato detto.  Soltanto tre punti, rapidissimi.
Prima questione: tutte le nostre energie vanno dedicate all’opposizione politica e sociale al governo Monti. Un governo la cui cifra più pura sta nell’attacco violentissimo che sta progettando al lavoro (che è il cuore della questione italiana) e ai lavoratori, con quella proposta Ichino che, nel nostro Paese, con questo capitalismo straccione e rapace, si trasformerà nella libertà totale di licenziare e nella libertà concessa ai padroni di imporre, senza alcun vincolo, il proprio arbitrio, la propria violenza, la propria prevaricazione.
Seconda questione: questo governo porta in sé un pericolo ancora maggiore, di portata costituente, e cioè la normalizzazione nell’opinione pubblica dell’idea secondo la quale la Tecnica salva il mondo (quasi che il governo sia espressione diretta di una presunta Ragione scientifica, e non lo strumento di dominio dei poteri forti internazionali e nazionali che hanno causato la crisi). C’è in questo – e hanno fatto bene i compagni a ricordarlo – il rischio dell’omicidio della politica, dell’espropriazione della democrazia e della sovranità popolare (di cui il presidente Napolitano è più che un complice e più che un responsabile), coerente con quel vento di populismo, di presidenzialismo e di anti-politica che ha soffiato – voglio dirlo con il massimo della nettezza ai compagni di Sel, e al compagno Nichi Vendola in particolare – anche a sinistra, anche tra noi.
In terzo luogo, proprio perché le ragioni dell’opposizione sono così forti e nette, dobbiamo capire quale tipo di opposizione fare. E qui sta la politica, la capacità di cogliere e mettere in pratica le sfumature, i dettagli, la nostra intelligenza.
Io non penso che si possa fare opposizione con ambiguità, con reticenze, con mezze misure. Non penso si possa applaudire, e lo voglio dire al compagno Diliberto, all’autorevolezza di Monti e degli altri ministri oppure dichiarare di non avere tabù sulla riforma delle pensioni. E questo è bene dirlo con estrema, cristallina chiarezza!
Però compagni non si può nemmeno dare l’impressione di avere in qualche modo sempre bisogno di esagerare e di eccedere, perché questo tradisce pulsioni, tentazioni minoritarie, settarie. E allora, come ha detto ieri il Segretario, “massimo di chiarezza e minimo di settarismo”, perché l’opposizione può essere intransigente e allo stesso tempo intelligente. E cioè si può conciliare il rigore di una posizione intransigente con un atteggiamento egemonico che parli alla gente in carne ed ossa, alle masse lavoratrici, agli studenti, ai disoccupati.
E cioè un’opposizione che sappia parlare a tutta la sinistra, ai comitati, ai movimenti, alle organizzazioni di massa nel nostro Paese, che incalzi l’Idv e Sel e li metta di fronte alle proprie responsabilità e agli errori clamorosi di valutazione e di linea politica!
E che provi a utilizzare l’opposizione al governo Monti per fare l’unica cosa utile e sensata che dobbiamo fare: unire. Unire i comunisti, unire i lavoratori, unire le lotte, unire i conflitti, unire la nostra generazione, unire la sinistra, unire l’opposizione politica e sociale al governo dei padroni e delle banche.
Unire quindi non a partire dalle chiacchiere ma a partire dai fatti, dalle azioni, dalle lotte.
Come la straordinaria lotta che quotidianamente i nostri compagni, e in particolare i giovani, conducono contro le organizzazioni squadristiche, neofasciste e di estrema destra e contro le mafie e la criminalità organizzata spesso nell’isolamento più cupo, senza la protezione di null’altro al di fuori dei propri corpi e delle proprie idee. E anche per questo voglio ringraziare chi sta in trincea ogni giorno, nelle periferie delle grandi città e soprattutto nel nostro Mezzogiorno, e ricordare compagni come Dax, Valerio Verbano ma anche Pio La Torre e Peppino Impastato.
E voglio ricordare, permettetemelo, che questa nostra lotta contro il neofascismo e la mafia è spesso una lotta contro gli apparati repressivi dello Stato, che sono – con il loro disordine pubblico e le loro galere -l’altra faccia della medaglia: e quindi voglio dire che continueremo la nostra lotta anche in memoria di Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi e, a dieci anni da Genova, lasciatemi abbracciare idealmente Haidi e Giuliano e ricordare il nostro compagno Carlo Giuliani, nel nome del quale proviamo ogni giorno ad essere donne e uomini migliori.
Infine, voglio dire un’ultima cosa: non andiamo da nessuna parte se non prestiamo cura al più grande patrimonio a disposizione della sinistra italiana. E questo grande patrimonio si chiama Rifondazione comunista. Il nostro partito. E quando penso al nostro partito non penso ai gruppi dirigenti, la cui unità è certo importante e va valorizzata, ma non è la cosa più importante.
Non penso alle grandi strategie, alle grandi alchimie politiche, penso a quelle decine di migliaia di donne e uomini che ogni giorno impegnano con la militanza (una parola alta e nobile) la propria vita quotidiana, al prezzo di grandi sacrifici, sottraendo tempo ed energia ai propri affetti, al proprio tempo libero, alla propria famiglia. E sapete perché lo fanno, perché lo facciamo? Perché siamo mossi da una passione smisurata e da un amore vero nei confronti di valori come la giustizia, la libertà, l’eguaglianza, valori che hanno segnato la nostra storia e siamo convinti che segneranno ancora il nostro futuro.
E nessuno potrà mai convincerci del contrario, e di fronte a quelli che per vent’anni ci hanno insegnato che il comunismo è un cumulo di macerie e di orrori (al punto che non pochi anche tra noi se ne sono alla fine convinti) noi dobbiamo tirare fuori tutto l’orgoglio della nostra storia, della nostra identità. Perché il rifiuto di processare la nostra storia, l’orgoglio nei confronti della nostra storia è un pensiero carico di speranza e di impegno per il futuro.
Orgoglio, passione, amore. La politica è fatta di sentimenti e uno dei nostri compiti, forse il più grande, è riconnettere la nostra politica, la nostra iniziativa, con la vita quotidiana, con le sue sofferenze, i suoi dolori, ma anche le sue grandi gioie.
Connettiamoci, allora, e guardiamo al futuro. Senza averne paura.
È da tempo che diciamo che il partito ha bisogno di correre veloce e di mettere al centro della propria riflessione e della propria iniziativa i giovani. E oggi voglio dire, devo farlo da questo palco, lo dico in primo luogo al Segretario, che questa richiesta rimane spesso inascoltata. Ho letto in questi giorni il documento politico finale di una delle federazioni più grandi e importanti d’Italia, un documento importante, articolato, lungo, 33mila battute, 15 cartelle. Sapete quante volte compariva la parola “giovani” in questo documento? Una. Una volta sola.
Questo è il segno di un partito adulto sofferente, che tradisce una difficoltà e anche una paura.
Dobbiamo evitare un rischio, che per noi sarebbe letale. Il rischio è quello di perdere la capacità di comunicare con il nostro popolo, di perdere la capacità di parlare il linguaggio degli ultimi, degli sfruttati e anche quello del nuovo proletariato urbano giovanile, delle borgate, delle periferie. Che sia chiuso nei suoi tecnicismi, nelle sue tattiche di corridoio, nelle alchimie stantie dei gruppi dirigenti, nelle grandi strategie delle liste elettorali. Che rimanga imprigionato nelle sue liturgie, in pratiche sempre più vecchie, sempre più illeggibili, sempre più autoreferenziali. E quindi mute, afone rispetto ad un mondo – penso innanzitutto a quello della nostra generazione – che reclama un nuovo protagonismo, una nuova volontà di lottare e di prendere in mano il proprio futuro e che quindi reclama anche – facendo questo – una nuova grammatica.
Una nuova grammatica delle relazioni politiche che dica che il partito è importante ma non è sufficiente, e che – per dirla con Fausto Bertinotti – bisogna agire dentro il recinto ma anche fuori, immaginando e progettando un vero processo costituente della sinistra e dei movimenti sociali.
Una nuova grammatica delle relazioni umane, perché dopo vent’anni di regime berlusconiano va ricostruito anche tra noi un modo diverso di vivere il nostro impegno politico e il rapporto tra l’impegno e la vita privata, con maggiore coerenza, intransigenza personale e quindi anche capacità autocritica tra ciò che si proclama e ciò che effettivamente si fa.
Una nuova grammatica dei valori etici e dei valori estetici. Perché essere comunisti è il diritto a respirare aria pura, relazioni profonde, crescere un senso del bello che questa società involgarita e imbarbarita ci ha sottratto.
E allora in conclusione, sapendo che interpreto il sentimento di tutte le giovani compagne e dei giovani compagni del nostro partito, voglio rivolgere un pensiero a Lucio Magri, ripensando alle sue parole, che per me sono un rovello quotidiano.
“La memoria è presidio di libertà e di verità”. E penso di poter dire che la sua vita è stata un esempio straordinario di libertà.
Mentre la memoria delle sue lotte, della sua intelligenza, dei suoi scritti è, oggi, un presidio straordinario di verità.
Ed entrambi questi caratteri, la libertà e la verità della sua vita, della sua azione, del suo pensiero, ci parlano, ci devono parlare del nostro futuro.
Anche per te, nella tua memoria, l’uomo volerà. Grazie Lucio e grazie a tutti voi.
Simone Oggionni, coordinatore nazionale dei Giovani Comunisti.

giovedì 24 novembre 2011

Chi si merita la cittadinanza?

Pochi giorni fa il presidente Giorgio Napolitano ha riportato la questione dell'immigrazione al centro del dibattito politico, dichiarando che i figli di immigrati, nati in Italia, hanno diritto di essere considerati cittadini Italiani.
Naturalmente si è scatenato subito il putiferio, soprattutto in ambiente Lega Nord e fra gli ex missini del PDL, con dichiarazioni al limite dell'assurdo("siamo pronti ad innalzare le barricate in parlamento"?! innalzi le barricate per la cittadinanza a bimbi quasi più italiani di te e non lo fai per il calpestamento dei diritti sindacali?).
Le motivazioni più "popolari" che sentiamo nei nostri piccoli centri d'aggregazione sono sempre le solite, che spaziano fra "sono dei delinquenti, a casa loro non ruberebbero ecc. ecc." fino a "rubano il lavoro agli italiani ecc. ecc."

Sorvolando il dibattito(non marginale) su di chi sia la colpa di una diffusa delinquenza e del molto lavoro a carico degli immigrati (spesso, soprattutto nel meridione e nelle periferie dei centri urbani, lavori che darei del pazzo a chiunque volesse farli volontariamente), che si può comunque riassumere in maniera generalizzata puntando l'indice nei confronti della spietatezza del capitalismo; ci scandalizziamo della cittadinanza per un bimbo nato e cresciuto in Italia, ma non lo facciamo per personaggi, come uno in particolare che abbiamo la disgrazia di ospitare fra i nostri bei monti, che rubano un sacco di soldi ai contribuenti (come, più di 700000 € ad un ente pubblico locale), forti di un potere politico ed economico che gli garantisce la protezione che non ha un'immigrato costretto a spaccarsi il culo per un pezzo di pane e talvolta costretto al furto.
Ospitiamo ladri italiani che hanno addirittura il diritto di voto, il più grande dovere di civiltà all'interno di uno stato democratico, preferiamo che questo sia il diritto di un uomo che vuole costruirsi la vita con le proprie mani, piuttosto che dalle tasche degli altri.
Preferiamo non fare nomi, non solo perché citiamo un personaggio che purtroppo tutti gli abitanti della montagna pistoiese hanno avuto il dispiacere di sentire nominare, ma perché riteniamo non essere degno di stare fra le righe di un blog del circolo locale di una delle organizzazioni giovanili portabandiera della giustizia sociale.
Questo post non è un'analisi ma uno sfogo, uno sfogo che che ci sentiamo in dovere di fare come italiani, perché fieri della nostra patria rifiutiamo che un criminale possa essere considerato un nostro concittadino e non lo possa essere considerato un bambino nato, cresciuto in Italia ed innocente di ogni colpa.

sabato 19 novembre 2011

Riforma Gelmini, il neopremier ha fretta


Mario Monti è convinto che la riforma Gelmini dell’università vada bene così com’è e i suoi decreti attuativi siano pronti per ripartire dai box delle commissioni parlamentari. È il primo abbaglio del governo dei professori (8 su 17) che ha commissariato il parlamento, facendosi interprete della «dittatura commissaria» europea in virtù della «reggenza» esercitata dal Presidente della Repubblica Napolitano.  Contrariamente a quanto ieri Monti ha dato per certo al Senato, nulla in realtà è meno certo dei tempi di attuazione di una «riforma» che prevede 47 decreti legislativi. I decreti fino ad oggi pubblicati sulla Gazzetta ufficiale sono 17 e disciplinano gli aspetti più eterogenei, dai posti disponibili per le iscrizioni a Medicina agli stipendi dei direttori generali, dall’importo minimo degli assegni di ricerca alle università telematiche finanziabili nel 2011 (per una panoramica rimandiamo al sito del Centro per la Riforma dello Stato). Ne mancano all’appello ancora 30, alcuni dei quali riguardano aspetti determinanti della legge, come la valutazione della qualità della ricerca condotta dall’Anvur sulla quale Monti confida per favorire «meccanismi d’incentivazione» per gli atenei, oltre «il sistema di selezione, allocazione e valorizzazione degli insegnanti». Questo decreto sarà presto operativo e il suo prodotto finale sarà la creazione di una classifica delle università e degli enti di ricerca «virtuosi», essenziale per erogare la quota di finanziamento premiale del 10% del Fondo per gli atenei tagliato del 10% dal 2001 a oggi, complici anche Tremonti e Gelmini: l’Ffo è passato da 7,4 a 6,1 miliardi di euro all’anno. In questa classifica, l’ateneo italiano più «virtuoso», il Politecnico di Torino già diretto dall’attuale ministro dell’università Francesco Profumo, farebbe la parte del leone.
La pubblicazione dei decreti non esaurisce affatto l’iter normativo previsto. Per essere vigente, un decreto ha bisogno di uno schema di regolamento che deve essere registrato dalla Corte dei conti. Una volta pubblicato in Gazzetta lo schema in questione, si prevede che ogni ateneo emani un regolamento. Se, invece, prendiamo un altro aspetto della legge che Monti pensa sia quasi operativa, l’approvazione dei nuovi statuti degli atenei, le promesse sono ancora più aleatorie. Fino ad oggi sono stati approvati 9 statuti su 95, due nelle università statali (Catanzaro e Ca’ Foscari di Venezia), mentre le altre 7 sono private. C’è la Luiss, ma non la Bocconi di Monti, né la Cattolica di Milano del ministro della cultura Ornaghi. Non c’è dubbio che, considerati gli incarichi che si trovano a ricoprire, gli ex rettori rimedieranno presto ai ritardi accumulati obbligando i loro ex colleghi a procedere a tappe forzate.
Ma questa cura da cavallo potrebbe non bastare per alleviare la paralisi che ha colpito l’intera università e rischia di durare anni. Il governo Monti dovrà infatti domare la buliminia normativa prodotta da una legge che contiene 171 norme le quali, come nel gioco delle scatole cinesi, ne produrranno altre 500 e comporteranno l’approvazione di un migliaio di regolamenti. Questo mostro giuridico potrebbe essere abbattuto se, dopo la «dittatura commissaria», il governo Monti adottasse uno stato di eccezione amministrativo. Ciò permetterebbe di procedere per le spicce, considerando l’importanza attribuita da Monti all’istruzione e all’università, fondamentali per «la valorizzazione del capitale umano». Ammesso che esista, questa misura permetterebbe di mettere all’angolo Pd e Idv, costringendoli a votare i decreti di una legge che hanno promesso di riscrivere una volta tornati al governo. L’appoggio del centro-sinistra al governo dei rettori rischia di sbugiardare l’impegno preso da Bersani sul tetto occupato dai ricercatori. Nel frattempo, il neo-ministro Profumo ha ribadito che incontrerà studenti e ricercatori, ma non ha ancora spiegato dove reperirà le risorse chieste anche dai rettori della Crui. Nell’eccezionalità di questo momento, forse adottando strumenti d’emergenza, dovrà rifinanziare, ad esempio, il fondo per il diritto allo studio che nel 2011 è di 98 milioni di euro, mentre in Germania ammonta addirittura a 1,4 miliardi. Riuscirà Monti a parametrare almeno questo «indicatore» sul livello europeo?

di Roberto Ciccarelli, da "il manifesto" del 18/11/2011