giovedì 22 dicembre 2011

Manovra, Ferrero: C'è bisogno di una sinistra unita contro il Governo dei banchieri.

"Il Governo Monti è un Governo di destra tecnocratica. Spero che non duri perché, dopo il danno, sarebbe una beffa, visto tutto quello che stanno facendo e visto che stanno distruggendo lo stato sociale. Queste le parole di Paolo Ferrero (Rifondazione Comunista) a Tgcom24. «Stanno demolendo diritti conquistati dai lavoratori in tanto anni. E' un'operazione delle grandi multinazionali contro i diversi movimenti operai. L'unico modo di uscire dalla crisi è un maggior intervento pubblico. Se il Governo, di fronte a differenze nel mercato del lavoro, vuole costruire l'uguaglianza portando tutti al livello peggiore, faremo una battaglia durissima. La gente oggi è in uno stato intermedio, dopo le speranze date dal Governo Monti, c'è delusione e rabbia perché ci si é resi conto che Monti è una prosecuzione del Governo Berlusconi. Ho avuto segnali di disponibilità da Idv, zero da parte di Sinistra e Libertà. Avere la sinistra così, divisa in questo modo, è da pazzi. Davanti a un Governo che fa queste politiche, bisogna che ci sia una sinistra che si oppone e che propone misure alternative. C'è bisogno di una sinistra".

venerdì 9 dicembre 2011

Opposizione, orgoglio, fiducia nel nostro futuro



04/12/2011
Da reblab.it
Percepisco il rischio dell’ordinarietà, e cioè che questo congresso, questo dibattito, ci scivoli addosso senza capirne l’importanza.
Ma sbaglieremmo, perché questo non è un congresso ordinario. Questo è un congresso che cade nel ventennale della nostra nascita – e quindi impone necessariamente di fare i conti con la nostra storia, con ciò che abbiamo fatto e con ciò che siamo diventati – ed è un congresso segnato dal carattere eccezionale della fase politica che stiamo attraversando.
Sulla fase politica non voglio aggiungere molto a quello che è già stato detto.  Soltanto tre punti, rapidissimi.
Prima questione: tutte le nostre energie vanno dedicate all’opposizione politica e sociale al governo Monti. Un governo la cui cifra più pura sta nell’attacco violentissimo che sta progettando al lavoro (che è il cuore della questione italiana) e ai lavoratori, con quella proposta Ichino che, nel nostro Paese, con questo capitalismo straccione e rapace, si trasformerà nella libertà totale di licenziare e nella libertà concessa ai padroni di imporre, senza alcun vincolo, il proprio arbitrio, la propria violenza, la propria prevaricazione.
Seconda questione: questo governo porta in sé un pericolo ancora maggiore, di portata costituente, e cioè la normalizzazione nell’opinione pubblica dell’idea secondo la quale la Tecnica salva il mondo (quasi che il governo sia espressione diretta di una presunta Ragione scientifica, e non lo strumento di dominio dei poteri forti internazionali e nazionali che hanno causato la crisi). C’è in questo – e hanno fatto bene i compagni a ricordarlo – il rischio dell’omicidio della politica, dell’espropriazione della democrazia e della sovranità popolare (di cui il presidente Napolitano è più che un complice e più che un responsabile), coerente con quel vento di populismo, di presidenzialismo e di anti-politica che ha soffiato – voglio dirlo con il massimo della nettezza ai compagni di Sel, e al compagno Nichi Vendola in particolare – anche a sinistra, anche tra noi.
In terzo luogo, proprio perché le ragioni dell’opposizione sono così forti e nette, dobbiamo capire quale tipo di opposizione fare. E qui sta la politica, la capacità di cogliere e mettere in pratica le sfumature, i dettagli, la nostra intelligenza.
Io non penso che si possa fare opposizione con ambiguità, con reticenze, con mezze misure. Non penso si possa applaudire, e lo voglio dire al compagno Diliberto, all’autorevolezza di Monti e degli altri ministri oppure dichiarare di non avere tabù sulla riforma delle pensioni. E questo è bene dirlo con estrema, cristallina chiarezza!
Però compagni non si può nemmeno dare l’impressione di avere in qualche modo sempre bisogno di esagerare e di eccedere, perché questo tradisce pulsioni, tentazioni minoritarie, settarie. E allora, come ha detto ieri il Segretario, “massimo di chiarezza e minimo di settarismo”, perché l’opposizione può essere intransigente e allo stesso tempo intelligente. E cioè si può conciliare il rigore di una posizione intransigente con un atteggiamento egemonico che parli alla gente in carne ed ossa, alle masse lavoratrici, agli studenti, ai disoccupati.
E cioè un’opposizione che sappia parlare a tutta la sinistra, ai comitati, ai movimenti, alle organizzazioni di massa nel nostro Paese, che incalzi l’Idv e Sel e li metta di fronte alle proprie responsabilità e agli errori clamorosi di valutazione e di linea politica!
E che provi a utilizzare l’opposizione al governo Monti per fare l’unica cosa utile e sensata che dobbiamo fare: unire. Unire i comunisti, unire i lavoratori, unire le lotte, unire i conflitti, unire la nostra generazione, unire la sinistra, unire l’opposizione politica e sociale al governo dei padroni e delle banche.
Unire quindi non a partire dalle chiacchiere ma a partire dai fatti, dalle azioni, dalle lotte.
Come la straordinaria lotta che quotidianamente i nostri compagni, e in particolare i giovani, conducono contro le organizzazioni squadristiche, neofasciste e di estrema destra e contro le mafie e la criminalità organizzata spesso nell’isolamento più cupo, senza la protezione di null’altro al di fuori dei propri corpi e delle proprie idee. E anche per questo voglio ringraziare chi sta in trincea ogni giorno, nelle periferie delle grandi città e soprattutto nel nostro Mezzogiorno, e ricordare compagni come Dax, Valerio Verbano ma anche Pio La Torre e Peppino Impastato.
E voglio ricordare, permettetemelo, che questa nostra lotta contro il neofascismo e la mafia è spesso una lotta contro gli apparati repressivi dello Stato, che sono – con il loro disordine pubblico e le loro galere -l’altra faccia della medaglia: e quindi voglio dire che continueremo la nostra lotta anche in memoria di Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi e, a dieci anni da Genova, lasciatemi abbracciare idealmente Haidi e Giuliano e ricordare il nostro compagno Carlo Giuliani, nel nome del quale proviamo ogni giorno ad essere donne e uomini migliori.
Infine, voglio dire un’ultima cosa: non andiamo da nessuna parte se non prestiamo cura al più grande patrimonio a disposizione della sinistra italiana. E questo grande patrimonio si chiama Rifondazione comunista. Il nostro partito. E quando penso al nostro partito non penso ai gruppi dirigenti, la cui unità è certo importante e va valorizzata, ma non è la cosa più importante.
Non penso alle grandi strategie, alle grandi alchimie politiche, penso a quelle decine di migliaia di donne e uomini che ogni giorno impegnano con la militanza (una parola alta e nobile) la propria vita quotidiana, al prezzo di grandi sacrifici, sottraendo tempo ed energia ai propri affetti, al proprio tempo libero, alla propria famiglia. E sapete perché lo fanno, perché lo facciamo? Perché siamo mossi da una passione smisurata e da un amore vero nei confronti di valori come la giustizia, la libertà, l’eguaglianza, valori che hanno segnato la nostra storia e siamo convinti che segneranno ancora il nostro futuro.
E nessuno potrà mai convincerci del contrario, e di fronte a quelli che per vent’anni ci hanno insegnato che il comunismo è un cumulo di macerie e di orrori (al punto che non pochi anche tra noi se ne sono alla fine convinti) noi dobbiamo tirare fuori tutto l’orgoglio della nostra storia, della nostra identità. Perché il rifiuto di processare la nostra storia, l’orgoglio nei confronti della nostra storia è un pensiero carico di speranza e di impegno per il futuro.
Orgoglio, passione, amore. La politica è fatta di sentimenti e uno dei nostri compiti, forse il più grande, è riconnettere la nostra politica, la nostra iniziativa, con la vita quotidiana, con le sue sofferenze, i suoi dolori, ma anche le sue grandi gioie.
Connettiamoci, allora, e guardiamo al futuro. Senza averne paura.
È da tempo che diciamo che il partito ha bisogno di correre veloce e di mettere al centro della propria riflessione e della propria iniziativa i giovani. E oggi voglio dire, devo farlo da questo palco, lo dico in primo luogo al Segretario, che questa richiesta rimane spesso inascoltata. Ho letto in questi giorni il documento politico finale di una delle federazioni più grandi e importanti d’Italia, un documento importante, articolato, lungo, 33mila battute, 15 cartelle. Sapete quante volte compariva la parola “giovani” in questo documento? Una. Una volta sola.
Questo è il segno di un partito adulto sofferente, che tradisce una difficoltà e anche una paura.
Dobbiamo evitare un rischio, che per noi sarebbe letale. Il rischio è quello di perdere la capacità di comunicare con il nostro popolo, di perdere la capacità di parlare il linguaggio degli ultimi, degli sfruttati e anche quello del nuovo proletariato urbano giovanile, delle borgate, delle periferie. Che sia chiuso nei suoi tecnicismi, nelle sue tattiche di corridoio, nelle alchimie stantie dei gruppi dirigenti, nelle grandi strategie delle liste elettorali. Che rimanga imprigionato nelle sue liturgie, in pratiche sempre più vecchie, sempre più illeggibili, sempre più autoreferenziali. E quindi mute, afone rispetto ad un mondo – penso innanzitutto a quello della nostra generazione – che reclama un nuovo protagonismo, una nuova volontà di lottare e di prendere in mano il proprio futuro e che quindi reclama anche – facendo questo – una nuova grammatica.
Una nuova grammatica delle relazioni politiche che dica che il partito è importante ma non è sufficiente, e che – per dirla con Fausto Bertinotti – bisogna agire dentro il recinto ma anche fuori, immaginando e progettando un vero processo costituente della sinistra e dei movimenti sociali.
Una nuova grammatica delle relazioni umane, perché dopo vent’anni di regime berlusconiano va ricostruito anche tra noi un modo diverso di vivere il nostro impegno politico e il rapporto tra l’impegno e la vita privata, con maggiore coerenza, intransigenza personale e quindi anche capacità autocritica tra ciò che si proclama e ciò che effettivamente si fa.
Una nuova grammatica dei valori etici e dei valori estetici. Perché essere comunisti è il diritto a respirare aria pura, relazioni profonde, crescere un senso del bello che questa società involgarita e imbarbarita ci ha sottratto.
E allora in conclusione, sapendo che interpreto il sentimento di tutte le giovani compagne e dei giovani compagni del nostro partito, voglio rivolgere un pensiero a Lucio Magri, ripensando alle sue parole, che per me sono un rovello quotidiano.
“La memoria è presidio di libertà e di verità”. E penso di poter dire che la sua vita è stata un esempio straordinario di libertà.
Mentre la memoria delle sue lotte, della sua intelligenza, dei suoi scritti è, oggi, un presidio straordinario di verità.
Ed entrambi questi caratteri, la libertà e la verità della sua vita, della sua azione, del suo pensiero, ci parlano, ci devono parlare del nostro futuro.
Anche per te, nella tua memoria, l’uomo volerà. Grazie Lucio e grazie a tutti voi.
Simone Oggionni, coordinatore nazionale dei Giovani Comunisti.

giovedì 24 novembre 2011

Chi si merita la cittadinanza?

Pochi giorni fa il presidente Giorgio Napolitano ha riportato la questione dell'immigrazione al centro del dibattito politico, dichiarando che i figli di immigrati, nati in Italia, hanno diritto di essere considerati cittadini Italiani.
Naturalmente si è scatenato subito il putiferio, soprattutto in ambiente Lega Nord e fra gli ex missini del PDL, con dichiarazioni al limite dell'assurdo("siamo pronti ad innalzare le barricate in parlamento"?! innalzi le barricate per la cittadinanza a bimbi quasi più italiani di te e non lo fai per il calpestamento dei diritti sindacali?).
Le motivazioni più "popolari" che sentiamo nei nostri piccoli centri d'aggregazione sono sempre le solite, che spaziano fra "sono dei delinquenti, a casa loro non ruberebbero ecc. ecc." fino a "rubano il lavoro agli italiani ecc. ecc."

Sorvolando il dibattito(non marginale) su di chi sia la colpa di una diffusa delinquenza e del molto lavoro a carico degli immigrati (spesso, soprattutto nel meridione e nelle periferie dei centri urbani, lavori che darei del pazzo a chiunque volesse farli volontariamente), che si può comunque riassumere in maniera generalizzata puntando l'indice nei confronti della spietatezza del capitalismo; ci scandalizziamo della cittadinanza per un bimbo nato e cresciuto in Italia, ma non lo facciamo per personaggi, come uno in particolare che abbiamo la disgrazia di ospitare fra i nostri bei monti, che rubano un sacco di soldi ai contribuenti (come, più di 700000 € ad un ente pubblico locale), forti di un potere politico ed economico che gli garantisce la protezione che non ha un'immigrato costretto a spaccarsi il culo per un pezzo di pane e talvolta costretto al furto.
Ospitiamo ladri italiani che hanno addirittura il diritto di voto, il più grande dovere di civiltà all'interno di uno stato democratico, preferiamo che questo sia il diritto di un uomo che vuole costruirsi la vita con le proprie mani, piuttosto che dalle tasche degli altri.
Preferiamo non fare nomi, non solo perché citiamo un personaggio che purtroppo tutti gli abitanti della montagna pistoiese hanno avuto il dispiacere di sentire nominare, ma perché riteniamo non essere degno di stare fra le righe di un blog del circolo locale di una delle organizzazioni giovanili portabandiera della giustizia sociale.
Questo post non è un'analisi ma uno sfogo, uno sfogo che che ci sentiamo in dovere di fare come italiani, perché fieri della nostra patria rifiutiamo che un criminale possa essere considerato un nostro concittadino e non lo possa essere considerato un bambino nato, cresciuto in Italia ed innocente di ogni colpa.

sabato 19 novembre 2011

Riforma Gelmini, il neopremier ha fretta


Mario Monti è convinto che la riforma Gelmini dell’università vada bene così com’è e i suoi decreti attuativi siano pronti per ripartire dai box delle commissioni parlamentari. È il primo abbaglio del governo dei professori (8 su 17) che ha commissariato il parlamento, facendosi interprete della «dittatura commissaria» europea in virtù della «reggenza» esercitata dal Presidente della Repubblica Napolitano.  Contrariamente a quanto ieri Monti ha dato per certo al Senato, nulla in realtà è meno certo dei tempi di attuazione di una «riforma» che prevede 47 decreti legislativi. I decreti fino ad oggi pubblicati sulla Gazzetta ufficiale sono 17 e disciplinano gli aspetti più eterogenei, dai posti disponibili per le iscrizioni a Medicina agli stipendi dei direttori generali, dall’importo minimo degli assegni di ricerca alle università telematiche finanziabili nel 2011 (per una panoramica rimandiamo al sito del Centro per la Riforma dello Stato). Ne mancano all’appello ancora 30, alcuni dei quali riguardano aspetti determinanti della legge, come la valutazione della qualità della ricerca condotta dall’Anvur sulla quale Monti confida per favorire «meccanismi d’incentivazione» per gli atenei, oltre «il sistema di selezione, allocazione e valorizzazione degli insegnanti». Questo decreto sarà presto operativo e il suo prodotto finale sarà la creazione di una classifica delle università e degli enti di ricerca «virtuosi», essenziale per erogare la quota di finanziamento premiale del 10% del Fondo per gli atenei tagliato del 10% dal 2001 a oggi, complici anche Tremonti e Gelmini: l’Ffo è passato da 7,4 a 6,1 miliardi di euro all’anno. In questa classifica, l’ateneo italiano più «virtuoso», il Politecnico di Torino già diretto dall’attuale ministro dell’università Francesco Profumo, farebbe la parte del leone.
La pubblicazione dei decreti non esaurisce affatto l’iter normativo previsto. Per essere vigente, un decreto ha bisogno di uno schema di regolamento che deve essere registrato dalla Corte dei conti. Una volta pubblicato in Gazzetta lo schema in questione, si prevede che ogni ateneo emani un regolamento. Se, invece, prendiamo un altro aspetto della legge che Monti pensa sia quasi operativa, l’approvazione dei nuovi statuti degli atenei, le promesse sono ancora più aleatorie. Fino ad oggi sono stati approvati 9 statuti su 95, due nelle università statali (Catanzaro e Ca’ Foscari di Venezia), mentre le altre 7 sono private. C’è la Luiss, ma non la Bocconi di Monti, né la Cattolica di Milano del ministro della cultura Ornaghi. Non c’è dubbio che, considerati gli incarichi che si trovano a ricoprire, gli ex rettori rimedieranno presto ai ritardi accumulati obbligando i loro ex colleghi a procedere a tappe forzate.
Ma questa cura da cavallo potrebbe non bastare per alleviare la paralisi che ha colpito l’intera università e rischia di durare anni. Il governo Monti dovrà infatti domare la buliminia normativa prodotta da una legge che contiene 171 norme le quali, come nel gioco delle scatole cinesi, ne produrranno altre 500 e comporteranno l’approvazione di un migliaio di regolamenti. Questo mostro giuridico potrebbe essere abbattuto se, dopo la «dittatura commissaria», il governo Monti adottasse uno stato di eccezione amministrativo. Ciò permetterebbe di procedere per le spicce, considerando l’importanza attribuita da Monti all’istruzione e all’università, fondamentali per «la valorizzazione del capitale umano». Ammesso che esista, questa misura permetterebbe di mettere all’angolo Pd e Idv, costringendoli a votare i decreti di una legge che hanno promesso di riscrivere una volta tornati al governo. L’appoggio del centro-sinistra al governo dei rettori rischia di sbugiardare l’impegno preso da Bersani sul tetto occupato dai ricercatori. Nel frattempo, il neo-ministro Profumo ha ribadito che incontrerà studenti e ricercatori, ma non ha ancora spiegato dove reperirà le risorse chieste anche dai rettori della Crui. Nell’eccezionalità di questo momento, forse adottando strumenti d’emergenza, dovrà rifinanziare, ad esempio, il fondo per il diritto allo studio che nel 2011 è di 98 milioni di euro, mentre in Germania ammonta addirittura a 1,4 miliardi. Riuscirà Monti a parametrare almeno questo «indicatore» sul livello europeo?

di Roberto Ciccarelli, da "il manifesto" del 18/11/2011

sabato 5 novembre 2011

Richiesta assemblea pubblica per informare i cittadini della montagna pistoiese.


ALL'ATTENZIONE DEGLI ORGANI DI STAMPA

Alla luce dei recenti, tragici, avvenimenti che hanno colpito le popolazioni della Lunigiana, di Genova e La Spezia, abbiamo inviato una lettera ai comuni della montagna e alla provincia di Pistoia, dove chiediamo che le istituzioni competenti nella gestione del territorio (comuni e provincia) convochino delle assemblee pubbliche, dove possa essere possibile mettere al corrente i cittadini  sui reali rischi che corrono con l'ondata di maltempo che come ogni anno ci prepariamo ad affrontare, o molto meno tragicamente, fare in modo che i cittadini vengano informati a proposito degli interventi fatti sul territorio per prevenire le frequenti frane alle quali siamo soggetti, in particolar modo il territorio della val di lima e di Pracchia, o eventualmente fare ulteriori controlli e interventi, visti i (talvolta evidenti) segni che indicano la tenuta poco stabile del terreno su cui camminiamo tutti i giorni (situazioni magari sotto controllo, ma che allarmano il cittadino).
Facendo questo non ci vogliamo dimostrare ne allarmisti ne premonitori di tragedie, proprio perché non siamo abbastanza informati sulla reale situazione del nostro territorio, nonostante parliamo di fenomeni (come le frane) che ci colpiscono in maniera regolare e da sempre rappresentano un problema per gli abitanti della montagna pistoiese.

Purtroppo è sconfortante renderci conto che, soltanto quando abbiamo le tragedie sotto gli occhi, ci rendiamo conto di quanto possa valere mettere la massima attenzione in una gestione regolare e pulita dei fiumi e del territorio in generale, perché le alluvioni sono fenomeni naturali, ma talvolta i rischi ed i morti si possono evitare. 
E' bello però sapere che esistono degli "angeli del fango" ragazzi e ragazze che mettono in moto la solidarietà ed aiutano le popolazioni alluvionate. Per chi volesse dare una mano, Rifondazione Comunista ha mette in moto i mezzi per farlo, organizzando squadre di soccorso nei territori alluvionati. Chi fosse interessato può contattare la federazione genovese del PRC (scrivere a rifgenova@gmail.com, oppure contattare il responsabile organizzazione provinciale Sergio Triglia (3384260812), oppure da fisso 0102759149 Roberto).

Grazie dell'attenzione.

Giovani Comunisti circolo "Alberto Giannini" della montagna pistoiese.

martedì 1 novembre 2011

VIII Congresso PRC Montagna Pistoiese-Circolo GC "A.Giannini"

PER LA FEDERAZIONE DELLA SINISTRA! PER UN UNICO PARTITO COMUNISTA! 


Congresso dei GC "A.Giannini":
venerdì 4 novembre alle ore 21.00 (presentazione dei documenti ed inizio dei lavori).

Si volgerà tutto all'interno della sezione PRC "Montagna Pistoiese" (Piazza Appiano, Maresca).




I documenti congressuali sono consultabili e scaricabili a questo indirizzo: http://web.rifondazione.it/viii/

sabato 15 ottobre 2011

Gli indignati e il debito, di Vladimiro Giacché

Domani, in Italia come in molti altri Paesi, si svolgeranno le manifestazioni degli Indignati. Si tratta di un movimento che sta assumendo dimensioni globali e che intende dar voce, come dicono i cartelli issati dai manifestanti a Wall Street, a quel 99% della popolazione che sta pagando una crisi che non ha provocato. È importante che le ragioni di questa protesta non siano inquinate e distorte da atti di violenza che servirebbero soltanto a screditare il movimento, offrendo un’ottima scusa a chi non vuole entrare nel merito dei suoi motivi. Che sono molti e molto seri.
A oltre quattro anni dall’inizio della crisi continuano i salvataggi di banche e assicurazioni con soldi pubblici: l’ultimo caso, di pochi giorni fa, riguarda Dexia e costerà 90 miliardi di euro a Belgio, Francia e Lussemburgo. In compenso si lascia marcire la crisi greca, dopo averla aggravata con il piano di austerity draconiano che ha accompagnato il “salvataggio” del 2010. I bilanci pubblici in Europa sono stati prima appesantiti accollando ad essi il debito privato, e ora si tenta di alleggerirli smantellando i sistemi di welfare e privatizzando a più non posso. Intanto si assiste ad uno spostamento di sovranità dagli Stati a una sorta di terra di nessuno in cui chi detta le regole sono di fatto i governi degli Stati “forti” dell’Unione o addirittura la Banca Centrale Europea. Quest’ultima, non contenta di far male il proprio lavoro (vedi l’aumento dei tassi di interesse a luglio), ha pensato bene di cominciare a dettare agli Stati le politiche economiche e sociali: richiedendo all’Italia – con una lettera che avrebbe dovuto rimanere segreta “per non turbare i mercati” – di effettuare la “privatizzazione su larga scala” dei servizi pubblici, ridurre gli stipendi pubblici e rendere più facili i licenziamenti.
Infine, a turbare non i mercati ma gli Indignati, c’è il governo peggiore di sempre: che prima ha negato la crisi, poi ha accettato senza fiatare una modifica del patto di stabilità punitiva per l’Italia e infine ha costruito una manovra economica (anzi: quattro) da manuale quanto ad iniquità e inutilità.
“Noi il debito non lo paghiamo” è tra gli slogan di questa giornata in Italia. È condivisibile? Dipende. Se significa “ripudio del debito” è difficile essere d’accordo. Per almeno tre motivi:
1) Perché il default sul debito italiano sarebbe pagato in parte non piccola proprio dai lavoratori e pensionati che da decenni sono abituati a considerare i titoli di Stato come il porto più sicuro per i propri (pochi) risparmi. Secondo stime di Morgan Stanley del luglio scorso, gli investitori privati italiani, con un 14% del debito totale, sono in assoluto tra i maggiori detentori del debito pubblico, secondi soltanto alle banche italiane (15%) e ai gruppi assicurativi esteri e fondi comuni europei (14,6%). A quella percentuale vanno aggiunti anche i fondi di investimento italiani (5,5%), i fondi italiani gestiti all’estero (6,1%) e una parte del debito in mano a compagnie assicurative italiane (11,4%): in definitiva, direttamente (acquistando titoli di Stato) o indirettamente (attraverso fondi e polizze che acquistano titoli di Stato), i cittadini italiani possiedono tra il 25% e il 30% dell’intero debito pubblico. Forse anche di più, viste le vendite massicce effettuate da banche e fondi esteri durante l’estate. Per aggirare questo problema, qualcuno propone un “default selettivo”. Il “default selettivo” però si ha quando non si ripaga (a nessuno) uno specifico titolo di Stato. Non si può, invece, in relazione a uno stesso titolo di Stato, scegliere i creditori da privilegiare rispetto ad altri: non solo è una violazione contrattuale, ma è impossibile sul piano pratico.
2) Dopo un default i mercati internazionali dei capitali sarebbero indisponibili a finanziare l’Italia per diversi anni. Questo comporterebbe la necessità di un forte avanzo primario, e quindi di politiche di bilancio ancora più rigide di quelle oggi richieste dai più oltranzisti pasdaran del pareggio di bilancio.
3) Un default andrebbe di pari passo con l’uscita dall’euro e una forte svalutazione. Tra gli effetti di quest’ultima ci sarebbe una notevole deflazione salariale causata dal crollo del potere d’acquisto dei lavoratori rispetto ai prodotti finiti importati e a quelli al cui prezzo contribuiscono beni intermedi importati (tra cui il petrolio e il gas). Alcuni economisti di destra consigliano le svalutazioni proprio perché rappresentano un modo per ridurre i salari tanto efficace quanto indiretto (e quindi tale da suscitare minori proteste di tagli diretti degli stipendi).
Per questi motivi il default, anche per Argentina e Islanda, non è stato una scelta politica, ma una drammatica necessità.
C’è però un altro modo per leggere lo slogan “Noi il debito non lo paghiamo”: mettendo l’accento sul“noi”. Questa è invece una rivendicazione sacrosanta, soprattutto nei confronti di una finanziaria che – tra colpi di scure alla finanza pubblica, abolizione di gran parte delle detrazioni fiscali e aumento delle imposte indirette – grava in gran parte su chi guadagna di meno e paga le tasse, mentre è in arrivo l’ennesimo condono-regalo per gli evasori. È giusto esigere che la crisi la paghi chi evade 120 miliardi di euro all’anno e chi detiene grandi patrimoni, e che i risparmi, anziché sugli asili nido e sulle scuole, si facciano sulle spese militari (26 miliardi) e sullo sperpero di denaro pubblico per le imprese private (30 miliardi all’anno). Avanzare oggi questa rivendicazione equivale a introdurre nelle dinamiche di questa crisi un vincolo nuovo: l’indisponibilità di chi sinora ne ha pagato il prezzo a continuare così. È l’unico vincolo in grado di imporre una svolta nella gestione di questa crisi.
Il Fatto Quotidiano, 14 ottobre 2011 
Fonte: reblab.it

martedì 11 ottobre 2011

Salvare le banche non basta: nazionalizzazione (a tempo) in Belgio


Dexia, c’è l’accordo tra i Governi per lo smantellamento. Il Belgio nazionalizzerà la banca
Alessandro Galimberti – il Sole 24 Ore 09/10/2011
I governi di Belgio, Francia e Lussemburgo hanno annunciato di aver trovato un accordo sullo smantellamento della Dexia. La «soluzione poposta» è scritto in una nota «sarà sottoposta al Cda della Banca» iniziato nel pomeriggio di domenica e in tarda serata ancora in corso.
Lo Stato belga, secondo le anticipazioni pubblicate dal quotidiano online Le Soir, sborserà quattro miliardi di euro per assumere il controllo della Dexia Banque Belgique (Dbb): Bruxelles diverrà quindi l’unico azionista dell’istituto attraverso la Società federale di partecipazione e investimenti. Il valore della Dbb è stimato fra i 3 e i 7,5 miliardi di euro. In un secondo momento il capitale in mano allo Stato sarà aperto anche alle regioni belghe che possiedono attualmente il 5,7% del pacchetto azionario dell’istituto. Il governo belga aveva già salvato Dexia nel 2008, ricapitalizzando la banca con tre miliardi di euro.
La Francia dal canto suo, secondo il sito del quotidiano economico L’Echo, sborserebbe invece tra 650 e 700 milioni di euro per rilevare la branca francese di Dexia. Le garanzie per la “bad bank’” nella quale verrebbero isolate le attività a rischio dovrebbero arrivare – secondo quanto riportato da L’Echo e dalla tv pubblica Rtbf – a 90 miliardi di euro, che sarebbero garantiti per il 60% dalla Francia, per il 36,5% dalla Francia e per il 3,5% dal Lussemburgo.
Un consiglio dei ministri straordinario del governo belga è previsto al termine del consiglio d’amministrazione di Dexia, per finalizzare la nazionalizzazione della branca belga. La riunione dei ministri è stata fissata per le 22, comunque al termine del consiglio d’amministrazione della banca franco-belga, che è iniziato alle 15 ma si è protratto oltre le previsioni. Il governo dovrà dare l’incarico ufficiale alla Societè Federale de Participations et d’Investissement di acquistare Dexia Banque Belgique.
Il punto centrale del vertice franco-belga concluso nella mattinata di domenica era stata la ripartizione dei pesi per la divisione di Dexia ed in particolare il prezzo di vendita della branca belga Dbb (Dexia Banque Belgique, per la quale il ministro delle Finanze Didier Reynders non ha escluso la partecipazione al 100% del governo), e la ripartizione delle garanzie da fornire ad una futura “badbank’” che verrà creata per raccogliervi tutti gli asset tossici. In questo modo verrebbero isolate le attività a rischio, che pesano sul bilancio del gruppo bancario, il cui titolo azionario è sospeso da giovedì scorso dopo aver perso il 42% in una settimana.
Il prezzo dell’operazione è stato al centro delle discussioni nel lunghissimo Cda di domenica. Secondo il quotidiano online belga Le Soir, il governo belga avrebbe concordato un prezzo di 4 miliardi di euro per l’acquisto della branca locale di Dexia, la Dbb. Belgio e Francia, inoltre, avrebbero raggiunto l’accordo sulle percentuali di garanzia per il rifinanziamento dei circa 120 miliardi di euro, tra bond e prestiti, detenuti da Parigi e dalla banca con sede a Bruxelles.
L’acquisto del 100% della branca belga di Dexia – Dbb – secondo il ministro Didier Reynders «non sarà a tempo indeterminato» ma neppure «per tre o sei mesi». Reynders lo ha dichiarato in una intervista radiofonica alla catena pubblica Rtbf durante la quale ha anche affermato che, di fronte all’ampiezza della crisi del debito sovrano, «non escludo che fra tre, cinque o anche più anni noi saremo ancora presenti» nel capitale di Dbb.
Intanto il report in uscita sull’edizione di lunedì del settimanale Der Spiegel fa il punto sull’indebitamento dell’unità tedesca della banca franco-belga Dexia Sa (Dexb.Bt). Un’unità «in lotta per la sua stessa sopravvivenza» scrive il settimanale, a causa dell’esposizione prolungata sul debito dei paesi europei. La controllata Dexia Kommunalbank Deutschland avrebbe infatti erogato finanziamenti per 5.4 miliardi di euro a Grecia, Italia, Portogallo e Spagna. Secondo il rapporto, l’authority di controllo sul sistema finanziario tedesco (Bafin) aveva messo sotto pressione la capogruppo già dal 2010 per aumentare il patrimonio netto. Un allarme inascoltato, visti problemi di liquidità che alla fine hanno gettato l’azienda nella drammatica turbolenza di queste ultime settimane.

fonte: gctoscana.eu

domenica 9 ottobre 2011

Analisi di un piccolo successo.

Lo scorso 7 ottobre i Giovani Comunisti hanno aderito alla giornata nazionale di mobilitazione studentesca, giornata che ha visto in centinaia di piazze italiane la straordinaria partecipazione di studenti di ogni indirizzo scolastico.
Il primo dato positivo da sottolineare(dal punto di vista del nostro circolo)è,non solo la forte presenza di studenti della montagna pistoiese,ma anche una buona presenza di studenti provenienti dall'istituto comprensivo di San Marcello Pistoiese.
Il tempo meteo non è stato a nostro favore, ma nonostante questo non c'è stata dispersione dei partecipanti,che sono giunti quasi tutti al termine della manifestazione,dando il loro contributo nella raccolta firme promossa dall'ARCI "L'Italia sono anch'io" e quella promossa dai GC per ottenere spazi autogestiti dagi studenti anche nelle scuole pistoiesi.
La prima domanda da porsi è : "a cosa è servita questa manifestazione"?
Viviamo all'indomani di quello che è un grande fallimento dell'attivismo studentesco,cioè "l'onda" del 2008,un successo per la partecipazione e un "flop" degli obbiettivi,soprattutto nelle grandi città, dove i disagi sono apparsi più visibili delle problematiche messe in discussione, anche se nel mondo studentesco quel grande movimento a fatto emergere la figura del ministro Gelmini, come una icona della negatività permanente,un grande risultato, ma che comunque non rende gli studenti realmente coscienti della situazione.
Questo fallimento dunque deve essere uno spunto per sapere mettere in discussione la "politica del movimento",per fare emergere la politica reale.
A Pistoia venerdì abbiamo finalmente visto qualcosa di differente da altri cortei passati dallo stampo quasi mediocre e banale,visto che è stata, in primis, vinta la "paura dei simboli", quindi è stato superato lo scalino dell'astratto come soluzione e siamo arrivati al punto dove viene mostrata come soluzione una identità che rappresenta un' idea e un progetto. Dunque,togliendo alcuni casi,gli studenti hanno visto identità politiche(come i GC ed i GD) e identità studentesche(come la FDS e il CPM) come qualcosa da seguire e non da evitare,questo non tanto perché le organizzazioni hanno deciso di scendere col movimento, ma perché hanno deciso di dare ad esso una identità. Dimostrazione di questo la troviamo nelle adesioni: Subito dopo il corteo 16 studenti (numero incredibile per una realtà minuscola come Pistoia) sono venuti a prendere la tessera dei Giovani Comunisti (5 dei quali al circolo "Alberto Giannini").
Se dunque gli studenti decidono di avvicinarsi alle realtà politiche vuol dire che incominciano a vedere le manifestazioni di questo genere,non più come una festa,ma una fase di un processo.
Ora che le cose cominciano a girare non freniamole,portiamo avanti la collaborazione fra le realtà interessate (di stampo antifascista),in particolare fra i GD e GC, attraverso anche la Federazione degli Studenti, sigla che ha bisogno ancora di assestarsi a livello organizzativo e che manca di una reale esperienza (come si poteva vedere da alcuni dettagli nel corteo),ma che è la sede giusta ove costruire qualcosa.

Non torneremo indietro nemmeno per prendere la rincorsa (cit. Andrea Pazienza)

mercoledì 28 settembre 2011

Federazione degli studenti-Pistoia


Il 20/09/2011 nasce anche a Pistoia la Federazione Degli Studenti, una organizzazione studentesca che rappresenta una novità per la difesa dei diritti degli studenti pistoiesi, perché essa è una organizzazione con le idee chiare che non vuole stringersi con l'apoliticità, ma fare politica per un governo della società più umano, in particolare una scuola pubblica statale veramente a servizio del cittadino.
In un'Italia dove l'istruzione è diventato un serbatoio di fondi da svuotare per cause esterne(cioè il risanamento di un'economia sempre più dedita al servizio di ceti elevati,o potenze straniere, a discapito del cittadino medio,politica che ci ha condotto nella più grave crisi del capitale mai vissuta nella storia),quindi dove vuole essere eliminata alla radice una prospettiva positiva per il nostro paese,la Fed. degli Studenti riunisce gli studenti proiettati verso il progressismo,con una chiara idea del significato che ha il "viver civile" e la partecipazione attiva alla vita sociale.
Una lotta concreta al neofascismo, anche se mascherato con sigle di associazioni culturali, contrastando con forza la loro attività nelle scuole.
Come GC vediamo di buon occhio la nascita di questo soggetto anche per un fattore aggiunto, cioè che vediamo collaborare sotto quella bandiera nostri militanti assieme a militanti provenienti da organizzazioni giovanili diverse(come i Giovani Democratici, che sono promotori del soggetto),con le quali riusciamo ad avere un buon rapporto politico che può creare solo qualcosa di costruttivo,in un periodo negativamente storico per l'unità della sinistra.

La strada da percorrere non è quella della dispersione movimentista inconcludente, ma affrontare la situazione attuale attraverso una struttura organizzata che possa avere degli obbiettivi precisi, abilità nei rapporti diplomatici e politici e una voce univoca.
Il battesimo di fuoco sarà il 7 ottobre,giornata della mobilitazione nazionale studentesca,http://www.facebook.com/event.php?eid=276946458990314.

I GC sostengono la Fed. degli Studenti,collaborando con questo progetto affinché abbia buon fine.

Ricordiamo anche l'altra grande campagna dei GC "Alberto Giannini" della montagna pistoiese per quanto riguarda la scuola pubblica,cioè la petizione che chiede agli istituti pistoiesi una maggiore flessibilità nei confronti degli studenti della montagna, notevolmente disagiati rispetto ai "pianigiani",per le ore di viaggio,gli orari effettivi in cui è possibile dedicarsi allo studio,permessi per uscite anticipate in caso di nevicate ecc.(per info maggiori e per firmare la petizione clicca QUI: http://www.petizionepubblica.it/PeticaoVer.aspx?pi=P2011N13404 , chiediamo scusa per gli errori ortografici).

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vuoi aderire alla Federazione degli Studenti?

Chiama i numeri:

  • 3386659247 (Agnese)
  • 3297041874 (gabriele)


oppure manda una mail a: Fds.pistoia@groups.facebook.com




TI ASPETTIAMO!

lunedì 19 settembre 2011

Il sindacato del futuro – Intervista a Rinaldini

HA RIPRESO LA SUA ATTIVITA' LO SPAZIO DI DISCUSSIONE A SINISTRA CHE VANTA LA MIGLIORE QUALITA' A LIVELLO REGIONALE: "La Prospettiva"!!


Il sindacato del futuro: democrazia e cambiamento
Sabato 16 settembre – A cura di Dmitrij Palagi
Intervista a Gianni Rinaldini, Segreteria nazionale FIOM e Coordinatore nazionale “La CGIL che vogliamo”
1) Dopo lo sciopero generale del 6 settembre si preannuncia un lungo periodo di lotte, con appuntamenti di piazza già annunciati da movimenti e sindacati. Manca la politica dei partiti e quella del Parlamento, almeno sul fronte dell’opposizione al Governo delle destre. Che scenario si prospetta?
Siamo in una situazione totalmente sconosciuta nella storia repubblicana di questo Paese perché hanno utilizzato una manovra di bilancio per portare avanti un’operazione sul lavoro che a mio avviso modifica sostanzialmente l’assetto costituzionale. Per questo tutte le mobilitazioni previste sono giuste, così come quelle che presumibilmente si aggiungeranno sulla spinta di altri movimenti, basti pensare a quello degli studenti, nel  momento in cui riapriranno scuole ed università. Altre iniziative si legheranno per quanto riguarda i contratti: i metalmeccanici fra due settimane svolgeranno l’assemblea nazionale, dove decideranno per il rinnovo, oggi molto più complicato. Dico questo non solo per la divisione dei sindacati ma anche per la distruzione del contratto nazionale.
La necessità è quella di riuscire attraverso le iniziative e le mobilitazioni previste a costruire e far vivere un progetto alternativo rispetto alla crisi. Credo che questo sia oggi l’elemento più difficile e anche più drammatico perché non si intravede nella fase attuale nessuna ipotesi di uscita dal presente che metta mano ai nodi strutturali, gli stessi che hanno provocato la crisi. Prendono sempre più quota ragionamenti di governo tecnico e di emergenza nazionale, che presuppongono un allargamento della base parlamentare per misure ancora più pesanti. Tra 3/4 mesi saremo davanti ad una nuova emergenza e a nuove misure di intervento.
2) Con lo scioglimento del PCI e le varie evoluzioni della sinistra italiana si è modificato strutturalmente il rapporto tra sindacati e partiti. Come si può ricreare una sponda politica utile alle lotte sindacali ed efficace nella difesa degli interessi dei lavoratori?
Credo che i rapporti classici tra movimento operaio, partito e sindacato siano saltati da tempo in tutte le loro diverse versioni, da quella laburista (dove il partito nasce come rappresentanza del sindacato) a quella socialdemocratica, a quella comunista. Ragionando sul sindacato del futuro, questo non può che essere legittimato da un’unica fonte, ossia i lavoratori che vuole rappresentare. Un’organizzazione radicalmente democratica nelle scelte e nei suoi comportamenti: i lavoratori devono votare le piattaforme, gli accordi e nello stesso tempo il sindacato deve riuscire ad essere indipendente.
Indipendente non vuol dire indifferente nei rapporti con le forze politiche. Il sindacato deve essere in grado di esprimere una propria progettualità che discute con le forze politiche a pari dignità rispetto a visioni più generali di trasformazione del Paese. in questo è evidente che il problema della sponda si pone non nei modi tradizionali della storia del movimento operaio. Più semplicemente c’è la necessita che esista una sinistra politica con un radicamento di massa. Purtroppo oggi questa è assente nel nostro paese.
3) I mezzi di informazione spesso insistono sulla frattura tra minoranza e maggioranza interna alla CGIL, così come parti di alcuni partiti di sinistra. In alcune occasioni esponenti politici hanno azzardato una separazione tra CGIL e FIOM, con un avvicinamento di quest’ultima al sindacalismo di base. C’è un fondo di verità attorno a queste ricostruzioni? Non è un pericolo dividere in questa fase politica il più grande sindacato italiano e l’unica forza organizzata capace di mobilitare forze sociali consistenti?
La CGIl nasce dalla FIOM, non esiste la FIOM senza la confederazione. La confederalità come è stata costruita in Italia è molto diversa da quella degli altri paesi. Qui è fondata sul ruolo delle categorie e sulla dialettica con le categorie, che nella storia della CGIL non sono mai state un’articolazione della confederazione. Il sindacato tedesco, ad esempio, è rovesciato rispetto a quello italiano, è una sorta di coordinamento. La storia del sindacalismo in Italia è molto diversa.
A me pare che lo schema proposto dalla domanda sia totalmente sbagliato, non nel senso che non ci sia una divisione e posizioni diverse tra FIOM e CGIL. La differenza consiste nel fatto che il percorso fatto dalla FIOM in questi ultimi 20 anni circa è stato quello di ragionare esplicitamente sui processi di globalizzazione, per come sono stati costruiti e affermati. Questi mettono in crisi aspetti costitutivi del movimento operaio e del sindacato. C’è la necessità di costruire una situazione totalmente nuova  e di proporre quelle che possono essere le caratteristiche del sindacalismo del futuro. In questa chiave va letto lo sforzo della FIOM.
Il sindacato nasce contro una pura logica di mercato, per porre allo stesso vincoli sociali. Oggi siamo in una fase dove, anche rispetto alla crisi, il neoliberismo viene assunto come valore assoluto, privo di alcun vincolo sociale. La globalizzazione è concepita a partire da questo schema come un conflitto sulla competitività, nel mercato globale come in quello locale.
Il problema del sindacato del futuro è, in questa situazione, come riproporre vincoli sociali in una situazione completamente variata sia nella trasformazione delle imprese che nelle dimensioni del lavoro precario.
FIOM su questo ha fatto una scommessa, scegliendo democrazia, indipendenza e scendendo in piazza a Genova nel 2001, prendendo parte da subito al movimento internazionale alternativo alla globalizzazione. La CGIL ha invece pensato di poter attraversare questa fase con operazioni fondate sul meno peggio: cediamo perché dopo la situazione sarà migliore. La logica è stata invece quella di una radicalità per cui al meno peggio seguiva un altro meno peggio, fino alla situazione attuale, dove ci ritroviamo con un quadro legislativo sconosciuto nella storia della Repubblica italiana.
Come succede in tutte le grandi burocrazie, di cui faccio parte anche io, nel gruppo dirigente della CGIL si è coltivata l’illusione dell’autoconservazione, della chiusura interna. Per assurdo si è ridotto tutti gli spazi di democrazia e si anela alla conservazione sia nei rapporti con i lavoratori che in quelli all’interno della stessa CGIL. E’ la tipica reazione di chi ha paura di aprirsi esplicitamente ad un rapporto che mette in discussione le forme di rappresentanza sociale, così come le abbiamo conosciute.
Questo è tanto più delicato in una fase dove il disagio sociale è destinato a crescere. Temo infatti che siamo solo agli inizi del massacro sociale: ci sarà la necessità di aprirsi ad un rapporto con le parti colpite, altrimenti il disagio sociale potrà evolversi in qualsiasi direzione. Storicamente sappiamo che situazioni simili non si evolvono naturalmente in una sola direzione.
4) Si può aprire una strada di uscita dalla crisi pensando a nuove forme di produzione nel mondo del lavoro, guardando alle esperienze di autogestione operaia in Argentina (oltre 10mila lavoratori in centinaia di stabilimenti) o alle cooperative nate nei nostro Paese a partire dai lavoratori? Possono esperienze come queste fare “sistema”?
Seccamente ti dico no. Sono esperienze positive ma se si pensa che questa sia la risposta alla crisi si coltiva un’illusione, non è così neanche in Argentina.
Rispetto alle cooperative l’esperienza italiana non aiuta, lo dice uno che è cresciuto nella provincia più cooperativizzata d’Italia. Dopo le fasi iniziali si entra in quella delle grandi cooperative, dove l’autogestione non esiste più.  Si tratta di esperienze da favorire, senza pensarle come risposte. Non mi pare che lo stabilimento della FIAT in Argentina sia stato progettato su logiche cooperative, neanche in quel Paese si può ridurre il sistema alla forma della cooperativa.
5) Rispetto alla dimensione europea il sindacato è riuscito a organizzarsi all’altezza delle sfide imposte dal capitale a livello globale? Se così non fosse quale potrebbe essere la strada da intraprendere?
L’esigenza evidenziata dalla domanda rimane per intero. Dire oggi che c’è una risposta sindacale europea all’altezza delle dimensioni dei problemi non è vero. Questo non significa che non ci siano manifestazioni europee ma i rapporti tra le organizzazioni sindacali, oltre ad alcune parole d’ordine di carattere generale, non hanno portato a un coordinamento delle lotte nei diversi paesi.
Tralasciando i documenti, a cui non faccio riferimento, non esiste oggi una pratica sindacale a livello europeo e questo si sconta fortemente. Non è stata costruita un’Europa sociale e politica, quello che esiste oggi è a forte rischio di implosione. Non si possono sottacere neanche le nostre responsabilità, di non essere riusciti a costruire un’Europa fondata sui diritti che definisca una struttura fiscale di carattere progressivo. C’è ad oggi una gara europea quando si parla di diseguaglianza sociale. Prima degli anni ’80 la progressività fiscale negli USA prevedeva un aliquota anche del 70%, poi è arrivata l’epoca di Reagan. Oggi siamo in retroguardia anche rispetto alle tasse di successione. Occorre capire cosa è realmente successo.
Il 15 ottobre può dare visibilità europea alle varie forme di lotta, è una data importante.

giovedì 1 settembre 2011

Un saluto fraterno.

Con estremo dolore ci troviamo a dover salutare il Compagno Ottaviano Papini.
Per noi,Giovani Comunisti, Ottaviano è stato una figura fondamentale per i rapporti con quella associazione della quale era presidente,quell'associazione a cui dobbiamo tutto,l'associazione patriottica più importante d'Italia: l'ANPI.
Ottaviano non solo è il firmatario delle nostre tessere, ma è colui che ci ha avvicinato all'associazione,che ha avvicinato i giovani all'associazione, facendoci scoprire le identità della nostra resistenza,trasmettendoci l'importanza che ha per l'ANPI il continuare a vivere attraverso le nuove generazioni.
La Immagine che abbiamo caricato in questo articolo,è forse quella più rappresentativa del ricordo che abbiamo di Ottaviano. Questa foto fu scattata il 25 aprile 2009,e con lui al centro che porta alta la bandiera della brigata "G.Bozzi" attorno a lui ci sono partigiani,compagni e compagne di altre generazioni e noi giovani, tutti insieme sotto un unica bandiera e con un unica prospettiva: La conservazione della memoria come valore fondamentale della patria.
Grazie Ottaviano, continueremo lungo la strada che ci hai tracciato.

sabato 20 agosto 2011

Petizione Più flessibilità nei confronti degli studenti della montagna da parte delle scuole pistoiesi!

Petizione Più flessibilità nei confronti degli studenti della montagna da parte delle scuole pistoiesi!

Petizione Più flessibilità nei confronti degli studenti della montagna da parte delle scuole pistoiesi!



Ogni anno decine di studenti della montagna pistoiese si iscrivano ad istituti pistoiesi,pur dovendo fare enormi sacrifici:
Complessivamente uno studente della montagna pistoiese deve andare a scuola tramite mezzi di linea,comportando una spesa enorme alle famiglie, che si andrà ad aggiungere alla spesa necessaria per il materiale scolastico, materiale talvolta non reperibile nei nostri paesi di residenza, ciò comporta una difficoltà oggettiva ad essere in pari con altri studenti, spesso scatenando le ire di docenti non comprensivi,come spesso non viene percepita un minimo comprensività, quando uno studente fa un ritardo per difficoltà minime,che non recherebbero danno ad uno studente pistoiese,come ad esempio il ritardo della sveglia, rimediabile con un tram di 20 min. dopo, ma in montagna il tempo di attesa è di un ora. Talvolta è facile che lungo il tragitto ci sia un incidente o una nevicata senza preavviso ecc....sono tutte difficoltà oggettive che vanno a ledere ogni studente della montagna pistoiese.
La scuola (nonostante sia pubblica e statale) è un servizio che ha un costo,una volta che il servizio viene pagato,ogni studente,ogni famiglia,si aspetta un efficiente garanzia del servizio scolastico. Per uno studente della montagna pistoiese è possibile solo grazie ad una maggiore flessibilità da parte degli istituti pistoiesi che, nonostante tutto, godono della permanenza tra le loro file di eccellenze scolastiche che spesso e volentieri sono studenti della montagna, studenti che hanno fatto grandi sacrifici.
Questa petizione è solo un primo passo, una volta che avremo aggiunto un numero dignitoso di firme porteremo la cosa all'attenzione dell'opinione pubblica.
STUDENTI, FIRMATE E FATE FIRMARE!!! 



http://www.petizionepubblica.it/PeticaoVer.aspx?pi=P2011N13404
PER FIRMARE CLICCA QUI  

lunedì 1 agosto 2011

Diritti e doveri degli iscritti al Partito Comunista





Approvato dal xv congresso del PCI.




 DOVERI
Ogni iscritto al partito deve:
a) intervenire nelle riunioni e contribuire al lavoro della propria organizzazione, realizzando le decisioni a cui questa è tenuta, e a operare nella vita politica in coerenza agli indirizzi fissati dagli organi dirigenti;
b) svolgere attività di proselitismo e di informazione della politica del partito, difendendolo da ogni attacco;
c) accrescere le sue conoscenze culturali e politiche e approfondire lo studio della storia e del patrimonio di idee del Partito comunista italiano e di tutto il movimento operaio e rivoluzionario; 
d) leggere, sostenere e diffondere la stampa di partito;
e) partecipare alla vita politica e sociale con lealtà, comportandosi correttamente e con spirito di solidarietà, migliorare le proprie qualità professionali, essere coerente con gli ideali di giustizia, di libertà e di emancipazione dei lavoratori, di superamento di ogni forma di oppressione sociale e civile;
f) lottare nelle istanze di partito contro le violazioni della democrazia e delle norme statuarie, non divulgare le questioni riservate del partito;
g) militare nell'organizzazione sindacale corrispondente al proprio lavoro e agire nella più ampia unità delle forze lavoratrici.
Le deliberazioni adottate in conformità allo statuto sono vincolanti per tutti gli appartenenti alle rispettive organizzazioni. Se una decisione è assunta dalla maggioranza, deve essere rispettata anche dalla minoranza;
L'unità del partito è essenziale per la realizzazione del suo programma, nella lotta per la democrazia e il socialismo. Tutte le organizzazioni e tutti i compagni sono tenuti a difenderla contro ogni tentativo di disgregazzione e di attività frazionistica.
Garanzia dell' unità del partito è la disciplina politica, che deriva dall' accettazione del programma e impegna alla sua attuazione, a comportamenti leali e al rispetto delle decisioni adottate. Ad essa sono tenuti in egual misura tutti i comunisti, indipendentemente dai compiti che assolvono e dalle cariche che rivestono. 
SONO PER TANTO VIETATI:
atti che tendono ad offendere, denigrare, o ledere in qualunque modo i compagni. 
Atti mirati a sollevare pretestuosamente problematiche tra gli iscritti
Comportamenti individuali e di manipolazione, attuati al fine di ottenere un tornaconto personale utilizzando il partito.
LE SANZIONI DISCIPLINARI SONO:
a) il richiamo orale 
b) il richiamo scritto;
c)la rimozione dalla carica;
d)La sospensione dal partito da uno a sei mesi;
e) la radiazione;
f)l'espulsione;

Sono esclusi dal partito soggetti con carichi penali pendenti che non facciano riferimento ad attività di lotta inerente al comunismo.

I DIRITTI
Ogni iscritto al partito ha diritto :
a) di partecipare all' attività e alle decisioni del partito, intervenendo nelle assemblee e nei dibattiti aperti sui suoi organi di stampa;
b) di esprimere e sostenere in ogni istanza di partito le proprie motivazioni ideali e culturali, in rapporto all'elaborazione del programma e della strateggia di partito;... Mostra tutto
c) di svolgere liberamente attività di ricerca filosofica, scientifica, artistica e culturale;
d) di eleggere gli organismi dirigenti del partito, di essere eletto a farne parte e delegato ai congressi di ogni istanza del partito, a norma dello statuto;
e) di rivolgere, nelle istanze di partito, le proprie critiche ad ogni dirigente e ad ogni organizzazione per la loro azione politica e di far pervenire opinioni e suggerimenti alla stampa del partito e a tutti gli organismi dirigenti, che sono tenuti a prenderli in considerazione;
f)di conoscere tempestivamente le critiche e gli addebiti eventualmente mossi alla sua attività e alla sua condotta e di far valere le proprie ragioni _ anche al di fuori del caso di procedimento disciplinare_ davanti all' assemblea generale dell' organizzazione a cui appartiene; se membro di un organo dirigente, nella riunione di questo, appositamente convocata;
g) di motivare, in ogni caso di dimissioni dal partito, la ragione della sua decisione. Le dimissioni non potranno essere accolte se non dopo un tentativo di chiarimento da parte del segretario dell'organizzazione a cui appartiene il dimissionario.